domenica 6 aprile 2014

Do you have a bike?

Do you have a bike?
Il campus dell'Università di Copenaghen
Questa è sicuramente la domanda più frequente per chi è nuovo in città.

Non conta da dove vieni, quanti anni hai, cosa studi...quello che agli exchange students, appena arrivati per il nuovo semestre, interessa veramente è dove hai comprato la tua bicicletta.
Perché questo è il requisito fondamentale per vivere a Copenhagen e nessuno, anche i più inizialmente scettici, sembra poterne fare a meno.
Appena arrivata, a fine gennaio, mi ci sono voluti solo pochi giorni per capire che la ricerca doveva iniziare al più presto anche per me: interi parcheggi, corsie preferenziali, accessori di ogni tipo, decine di blog, siti internet, gruppi Facebook..solo per biciclette.

I Danesi amano molto stare all'aria aperta e non importa se fa freddo, nevica o piove, nessuno rinuncia a muoversi su due ruote e la macchina è quasi un lusso, del tutto superfluo; le automobili in giro per la città sono pochissime e durante il week end sembra di vivere in un paesino di provincia più che in una capitale europea: la quiete, la calma e il silenzio dati dall'assenza di macchine è quasi sorprendente e non può che lasciare a bocca aperta chi, come noi, è quasi dipendente dalle auto.
Inoltre, un sistema di tassazione molto aspro disincentiva il loro acquisto e mantenimento, la benzina è molto cara così come l'assicurazione.
I mezzi di trasporto pubblici per quanto efficientissimi, puntuali e diversificati, sono molto dispendiosi e, paradossalmente, sono dotati di ingressi e posti speciali per chi è in bici: è possibile infatti caricare le proprie biciclette su autobus, treni e metro, pagando il prezzo di un solo biglietto.
Lunghe camminate a parte, la bicicletta è dunque l'unico vero modo di sposarsi in città, ed è alla portata di tutti: dalla casalinga, alla signora anziana, al manager in giacca e cravatta.

Tantissime sono le regole a cui i ciclisti devono sottostare, ma altrettanti sono i loro diritti: a fianco di ogni carreggiata di qualsiasi strada si trova la pista ciclabile, con tanto di semaforo preferenziale e attraversamenti appositi.
Segnali per indicare la propria traettoria sono indispensabili, altrimenti c'è il rischio di incidenti o anche peggio di venire insultati (un insulto in danese suona ancora più cattivo!).
Guidare una bicicletta è l'esatto equivalente di guidare un automobile in Italia e le stesse preoccupazioni che ho provato i primi giorni qui sono le stesse identiche provate a casa durante il primo viaggio in macchina da neopatentata.

La pompa per gonfiare la bicicletta appena fuori dalla biblioteca
La sottoscritta, arrivata con una tormenta di neve, dopo i primi giorni di negazione e rifiuto, ha ceduto ed è partita alla caccia alla bici perfetta.
Dopo due mesi esatti dalla mia partenza, non potrei più fare a meno della mia fidata compagna che mi guida tutti i giorni all'università e durante le serate tra amici, affrontando qualsiasi intemperia.
Perché è vero, dopo qualche raffreddore e un mare di parolacce, ci si abitua davvero e sembra poi impossibile abbandonare una pratica cosi salutare.
Per chi mi conosce, sa che rappresento perfettamente “l'anti-sport”, ma passate le prime sudate dei primi giorni, ora pedalare per 20 o 30 minuti è un'abitudine piacevole; ho la fortuna di abitare vicino al lago Sortedams e spesso mi ritrovo a dire l'improbabile (per me) frase “ho voglia di farmi una biciclettata sul lago!”, nonostante i consueti 5 gradi.

No, non sono impazzita: è che la vita su due ruote a Copenhagen è uno stile di vita green e divertente che contagia proprio tutti.

Costanza