martedì 3 giugno 2014

Eco vacanze in Italia

Se non avete ancora prenotato le vostre vacanze estive ho il link che fa per voi.

EcoWorldHotel è un network alberghiero che vi permette ti selezionare la soluzione più green per le vostre vacanze in Italia. La scelta è ampia è riguarda hotel, alberghi diffusi, agriturismi e quant'altro. EcoWorldHotel offre un efficiente e affidabile motore di ricerca per soluzioni alberghiere ecosostenibili.

Il progetto si basa su delle "eco foglie" che un po' come le classiche "stelle" danno un'indicazione sulla qualità della struttura e del servizio, ma dal punto di visto della sostenibilità. 

La rete EcoWorld promuove tra le strutture affiliate buone pratiche di risparmio energetico e soprattutto promuove tra gli ospiti una forma di turismo sostenibile. 

Dando uno sguardo al link troverete tutte le informazioni necessarie che vi convinceranno a dare una piega più green alle vostre vacanze. Chi non ha bisogno di essere convinto inizi a preparare le valige, con un click la camera è prenotata.


Buone vacanze 

Claudio 

sabato 3 maggio 2014

L'orto sul tetto


Non tutti sanno che in Via Gandusio, nel quartiere San Donato di Bologna a due passi dal B.U.C.O. su due dei tetti più alti della via stanno crescendo piantine di cavoli e radicchi. Alzando in naso all’insù all’altezza dei numeri civici 6 e 12 si possono notare delle piante che fanno capolino dal parapetto del terrazzo al 10° piano. Quello che accade lì su è un progetto gestito da Biodivercity, un’associazione nata nel 2005 dall’unione delle forze di alcuni studenti e ricercatori dell’ex Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna.

Il progetto iniziò nel 2011 sul numero 10 di Via Gandusio con un sistema idroponico e l’utilizzo di bottiglie di plastica riciclate. Dopo diverse lamentele di alcuni condomini il primo orto è stato abbandonato ma non l’idea di offrire ai condomini di Via Gandusio un posto nuovo dove poter coltivare il proprio cibo e soprattutto socializzare. Grazie ad altri fondi del Comune di Bologna nel 2012 il progetto si sposta sui numeri civici 6 e 12 dove tuttora, anche dopo la fine dei fondi e del progetto, i condomini continuano a curare il loro orto-tetto creando momenti di socializzazione e eventi musicali aperti ai cittadini. E’ nata una vera e propria minicomunità che, organizzata in turni, si prende cura delle coltivazioni e raccoglie i rifiuti organici del palazzo per riciclarli nel proprio macchinario per il compostaggio. Spesso la produzione eccede la richiesta e i prodotti “del tetto” vengono distribuiti tra quei condomini che per un motivo o per un altro non possono partecipare praticamente alla cura dell’orto.


Un progetto con un incredibile valore sociale oltre che pratico. In una zona da sempre affetta da un forte degrado come San Donato risultati come quelli ottenuti da questo progetto pongono forti basi per un solido substrato sociale che sarà sicuramente in grado di sconfiggere le difficoltà e riappropriarsi del proprio quartiere per rendergli l’onore che merita.

Claudio

domenica 6 aprile 2014

Do you have a bike?

Do you have a bike?
Il campus dell'Università di Copenaghen
Questa è sicuramente la domanda più frequente per chi è nuovo in città.

Non conta da dove vieni, quanti anni hai, cosa studi...quello che agli exchange students, appena arrivati per il nuovo semestre, interessa veramente è dove hai comprato la tua bicicletta.
Perché questo è il requisito fondamentale per vivere a Copenhagen e nessuno, anche i più inizialmente scettici, sembra poterne fare a meno.
Appena arrivata, a fine gennaio, mi ci sono voluti solo pochi giorni per capire che la ricerca doveva iniziare al più presto anche per me: interi parcheggi, corsie preferenziali, accessori di ogni tipo, decine di blog, siti internet, gruppi Facebook..solo per biciclette.

I Danesi amano molto stare all'aria aperta e non importa se fa freddo, nevica o piove, nessuno rinuncia a muoversi su due ruote e la macchina è quasi un lusso, del tutto superfluo; le automobili in giro per la città sono pochissime e durante il week end sembra di vivere in un paesino di provincia più che in una capitale europea: la quiete, la calma e il silenzio dati dall'assenza di macchine è quasi sorprendente e non può che lasciare a bocca aperta chi, come noi, è quasi dipendente dalle auto.
Inoltre, un sistema di tassazione molto aspro disincentiva il loro acquisto e mantenimento, la benzina è molto cara così come l'assicurazione.
I mezzi di trasporto pubblici per quanto efficientissimi, puntuali e diversificati, sono molto dispendiosi e, paradossalmente, sono dotati di ingressi e posti speciali per chi è in bici: è possibile infatti caricare le proprie biciclette su autobus, treni e metro, pagando il prezzo di un solo biglietto.
Lunghe camminate a parte, la bicicletta è dunque l'unico vero modo di sposarsi in città, ed è alla portata di tutti: dalla casalinga, alla signora anziana, al manager in giacca e cravatta.

Tantissime sono le regole a cui i ciclisti devono sottostare, ma altrettanti sono i loro diritti: a fianco di ogni carreggiata di qualsiasi strada si trova la pista ciclabile, con tanto di semaforo preferenziale e attraversamenti appositi.
Segnali per indicare la propria traettoria sono indispensabili, altrimenti c'è il rischio di incidenti o anche peggio di venire insultati (un insulto in danese suona ancora più cattivo!).
Guidare una bicicletta è l'esatto equivalente di guidare un automobile in Italia e le stesse preoccupazioni che ho provato i primi giorni qui sono le stesse identiche provate a casa durante il primo viaggio in macchina da neopatentata.

La pompa per gonfiare la bicicletta appena fuori dalla biblioteca
La sottoscritta, arrivata con una tormenta di neve, dopo i primi giorni di negazione e rifiuto, ha ceduto ed è partita alla caccia alla bici perfetta.
Dopo due mesi esatti dalla mia partenza, non potrei più fare a meno della mia fidata compagna che mi guida tutti i giorni all'università e durante le serate tra amici, affrontando qualsiasi intemperia.
Perché è vero, dopo qualche raffreddore e un mare di parolacce, ci si abitua davvero e sembra poi impossibile abbandonare una pratica cosi salutare.
Per chi mi conosce, sa che rappresento perfettamente “l'anti-sport”, ma passate le prime sudate dei primi giorni, ora pedalare per 20 o 30 minuti è un'abitudine piacevole; ho la fortuna di abitare vicino al lago Sortedams e spesso mi ritrovo a dire l'improbabile (per me) frase “ho voglia di farmi una biciclettata sul lago!”, nonostante i consueti 5 gradi.

No, non sono impazzita: è che la vita su due ruote a Copenhagen è uno stile di vita green e divertente che contagia proprio tutti.

Costanza

martedì 4 marzo 2014

Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità

La notte del 29 giugno 2004 Palermo viene ricoperta di adesivi che riportano questa frase. La popolazione non ha idea di chi possa essere l’autore di questo attacchinaggio estremo, ed è incuriosita, tanto dalla misteriosità tanto dall'oggetto di questa protesta silenziosa. Certo i palermitani non si sarebbero mai immaginati che gli ideatori di questo atto potessero essere dei ragazzi poco più che ventenni. La storia di Addiopizzo nasce così. Sono passati dieci anni, e quello che sembrava un’idea irrealizzabile di un gruppo di giovani e diventato uno dei movimenti più importanti della lotta all’estorsione. A Palermo, e in gran parte della Sicilia, il pizzo è una realtà tanto radicata da sembrare “normale”, e anche se nessuno ne aveva ancora parlato, tutti sanno bene come funziona: ogni esercizio commerciale che ottiene un buon fatturato, se non è “raccomandato”, deve pagare il pizzo, altrimenti guai. Quello su cui la gente non riflette è che il pizzo, indirettamente, inconsapevolmente e soprattutto involontariamente, lo paghiamo un po’ tutti, ogni volta che acquistiamo qualcosa in questi negozi, che in un modo o nell’altro dovranno pur recuperare il quid pluris richiesto da certi gentiluomini. Per la Procura di Palermo, l’80% dei commercianti di Palermo paga il pizzo, la media regionale si attesta sul 70% . Il pizzo rappresenta solo il 16% dei guadagni illegali della mafia, a cui tutti contribuiamo. Addiopizzo ha cominciato con un adesivo 10 anni fa, e ha continuato, lanciando la sua campagna più importante: Contro il pizzo cambia i consumi . Si ha così il primo tipo di Consumo Critico legato all’estorsione: i consumatori decidono di orientare i propri consumi verso un'economia legale, premiando coloro che si oppongono al racket. Oggi le imprese e i negozi “pizzo-free” sono 845 a Palermo e provincia e i consumatori che li sostengono sono più di diecimila. Si tratta di un enorme risultato, che cresce giornalmente. Il vecchio detto “l’unione fa la forza” non è mai stato più azzeccato: i commercianti non si sentono più soli davanti all’ombra minacciosa della mafia, e decidono coraggiosamente di denunciare i loro estorsori, che non potranno mai vendicarsi su tutti. Non a caso è stata scelta come figura simbolo del comitato quella di Libero Grassi, imprenditore siciliano ucciso da cosa nostra per essersi opposto da solo ad una richiesta di pizzo. Il comitato ha redatto una mappa “pizzo-free” che riporta tutti gli esercizi commerciali aderenti, che si contraddistinguono proprio per l’adesivo con il logo di Addiopizzo, un simbolo che aiuta il consumatore critico a riconoscere il negozio “libero”. A partire dal processo Gotha, che vede tra gli imputati presunti alleati di Bernardo Provenzano, il movimento ha deciso di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia e estorsione, assistendo anche tutti i commercianti vittime di racket che prendono parte ai processi. Un grande sostenitore dei ragazzi di Addiopizzo è Pif, che dopo aver parlato del Comitato nelle sue puntate del Testimone , ha deciso di farsi aiutare da loro nella realizzazione del suo film “La mafia uccide solo d’estate”. Addiopizzo ha insegnato ai siciliani che insieme, alzando la voce, i potenti si possono allontanare, e che 

 “Un intero popolo che si ribella al pizzo è un popolo Libero”.

Flavia Amoroso